«No alla guerra per la pace»: la fossa comune. Bucha 2022
L’esposizione di Lorenzo D’Andrea nella chiesa del Santo Sepolcro
Si intitola «“No alla guerra, per la pace” – La fossa comune. Bucha 2022», la mostra dell’artista Lorenzo D’Andrea, visitabile nella chiesa del Santo Sepolcro a Cagliari.
«L’idea della mostra – spiega l’artista – è nata all’indomani della guerra in Ucraina, e in particolare dell’eccidio di Bucha nell’aprile 2022, per esprimere l’orrore e il rifiuto di quella guerra e di tutte le altre guerre in corso, le cui prime vittime sono sempre le donne, e per cercare di dare un messaggio di speranza, oltre l’orrore e la disumanità».
Sullo sfondo, «i ripetuti appelli per la pace, inascoltati, lanciati da papa Francesco – continua D’Andrea -. Come scrive lo stesso Papa nel messaggio inserito nel catalogo di questa mostra “(…) La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male».
«(…) Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace”».
L’esposizione, che resterà aperta fino a fine aprile, si compone di una grande tela principale (6m x 3m) rappresentante il massacro di Bucha, di 32 crocifissi disegnati su carta antica e di due ritratti di papa San Giovanni Paolo II e di papa Francesco.
«La fossa comune – scrive l’Arcivescovo nella sua introduzione al catalogo della mostra – è l’emblema della follia omicida della guerra: la singolare persona dell’assassinato è annullata in un ammasso che vuol cancellarne il nome e la memoria».
«Il loro gesto, la smorfia del volto e le mani protese chiedono di non essere dimenticati, rivendicano l’identità di una storia. Invocano pietà, gridano il nome, cercano un via d’uscita dalla buca in cui l’odio li ha accumulati. Le vittime vogliono essere riconosciute».
«Anche in quella fossa – ricorda monsignor Baturi – è sceso il Crocifisso per dare un nome nuovo ed eterno a quei suoi figli. L’opera di Lorenzo D’Andrea merita ammirazione, denuncia la follia del male e sostiene la speranza. (…) L’opera è grido e profezia dei cieli nuovi e terra nuova che ogni uomo brama».
«Questa mostra – afferma don Marco Lai, parroco di Sant’Eulalia – è l’ennesimo messaggio di speranza dell’artista. Egli nelle sue opere riesce a raccontare l’essenziale, l’umana disperazione di fronte all’orrore indicibile della guerra, con un’attenzione profonda all’attualità che segna i nostri tempi, e con uno sguardo profetico. D’Andrea, attraverso le sue opere, ci invita a prendere coscienza che il male esiste e, allo stesso tempo, ad avere la certezza che il bene è più forte di esso».
In collaborazione con Maria Chiara Cugusi
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