Chiunque fa il male odia la luce

IV Domenica di Quaresima (Anno B)

(Foto Ansa/SIR)

Chiunque fa il male odia la luce.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:

«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.

Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate.

Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

(Gv 3,14-21)

Commento a cura di Nolly Jose Kunnath

Solo l’evangelista Giovanni parla di Nicodemo, un personaggio ragguardevole fra i capi dei farisei, che, approfittando del buio e del silenzio della notte, si recò da Gesù.

Il brano di oggi costituisce l’ultima parte del suo dialogo notturno col Maestro.

Nella prima parte (vv.13-15), Gesù richiama un episodio accaduto durante l’esodo ed egli, «il maestro d’Israele» (Gv 3,10), lo ha certo presente.

Nel deserto, molti israeliti erano caduti vittime dei serpenti velenosi e Mosè si era rivolto al Signore che gli aveva ordinato di costruire un serpente di bronzo e di issarlo su un palo: chi, dopo essere stato morsicato, avesse sollevato lo sguardo verso quel serpente, aveva salva la vita (Nm 21,4-9).

Nella seconda parte del brano (vv. 16-21) abbiamo una meditazione teologica sulla missione del Figlio dell’uomo: Dio non lo ha mandato «per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui».

Nel Figlio dell’uomo posto in croce, l’occhio dell’uomo contemplativo, attento e in ricerca, scorge il perché è lì: per amore. Vede l’amore che abbraccia e salva tutti.

A differenza di Matteo che, per richiamare l’importanza e le conseguenze eterne delle scelte fatte oggi, ricorre all’immagine del giudizio finale, Giovanni impiega un linguaggio diverso e più consono alla mentalità di oggi: esclude che Dio giudica l’uomo e parla di un giudizio amoroso che si attua nel presente e che è solo salvezza.

Invita così l’uomo a prendere consapevolezza di quanto amore sia presente nella sua vita e nella determinazione delle sue scelte.

Nel dialogo notturno con Nicodemo, viene mirabilmente descritta da Gesù la dinamica dell’azione dello Spirito, e confermata l’importanza del cammino battesimale.

La scena è l’inizio del cammino di conversione di Nicodemo che si chiuderà sotto la croce, con la sepoltura del suo Signore.

È da questa sorgente spirituale, qui indicata, che l’uomo ritrova le motivazioni per «rinascere» alla vita divina e si dispone all’incontro salvifico con Dio-amore.

La totalità della risposta dell’uomo alla Parola di Dio coincide con la rivelazione di un mistero più grande che ci precede: Egli «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

È la prima volta nel Vangelo di Giovanni che compare l’espressione «vita eterna» (zōḕn aiṓniov).

La vita eterna non è un premio futuro, ma una realtà presente!

E si chiama eterna non perché è la vita biologica che dura all’infinito, ma è la vita con una qualità indistruttibile: è la vita dell’Eterno!

La nostra preghiera diventa allora annuncio della «totalità dell’amore» con cui il Padre ha voluto salvarci: donando «tutto se stesso nel Figlio unigenito». Dunque, credere con tutto se stessi significa rispondere all’amore totale con cui Dio ha amato ciascuno di noi.

La natura della fede cristiana appare allora articolata in diverse dimensioni, e occorre: saper rileggere la storia mondana per vedervi la provvidenza di Dio; ripensare le motivazioni della fede, superando i fenomeni esteriori e formali delle nostre scelte; dare valore al dialogo e all’essere docili all’azione dello Spirito.

Come Nicodemo, siamo chiamati a lasciarci guidare docilmente dallo Spirito, presente in Gesù.

Chiunque fa il male odia la luce.

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