La vita è un vero miracolo: meraviglia in cui siamo immersi
Domenica si celebra la 46° Giornata nazionale per la Vita
La vita è un vero miracolo.
«La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36)».
Il tema proposto dai Vescovi italiani per la Giornata Nazionale per la Vita di quest’anno unisce l’essenzialità espressiva all’ampiezza di contenuti e alla profondità antropologico-spirituale.
Come amore, dignità, pace, anche la parola vita spesso si presenta nella nostra mente e sulle nostre labbra povera di forza, di contenuto, di valore.
La vita, invece, è un vero e proprio miracolo; è la meraviglia in cui siamo immersi e a cui apparteniamo, ma non sempre la sua realtà trova il riconoscimento del nostro intelletto, la sua bellezza non riesce a suscitare la nostra ammirazione, la sua bontà il nostro apprezzamento e l’impegno ad accoglierla, amarla, proteggerla.
Perché questo possa avvenire facciamoci aiutare, come suggeriscono i nostri Vescovi, dalle varie scienze della natura, da quelle biomediche e umane.
Mi entusiasma considerare la complessità dello sviluppo di un uomo nella fase embrionale.
Mi stupisco delle leggi della natura e dell’ingegno umano, applicato in ogni campo. Il mistero della coscienza morale, la complessità delle relazioni umane, la profondità delle riflessioni filosofiche mi accendono mente e cuore.
Ho capito che solo coltivando un atteggiamento di meraviglia possiamo godere della vita che viviamo, possiamo amarla prima di tutto in noi stessi, rispettarla e prendercene cura in ogni condizione, iniziale e finale, in salute e malattia.
È necessario ricordare che la vita è il bene fondamentale, senza il quale non possiamo godere di nessun altro bene; che la dignità personale si fonda sulla nostra natura umana e dunque non può mai diminuire o essere persa.
Ciascuno di noi è nella sua umana singolarità quella meraviglia di cui sorprendersi e sentire la forza.
La seconda frase del tema proposto è una citazione evangelica, ma coerentemente con il suo significato spirituale può applicarsi in primo luogo anche alla dimensione terrena della vita e agli aspetti che abbiamo considerato fin qui.
Esistono infatti correnti di pensiero che non riconoscono valore incondizionato alla vita umana; è diffuso un atteggiamento utilitarista ed edonista, che persegue un benessere meramente materiale e immediato; siamo sedotti da una cultura nichilista, che, considerandone la fragilità, l’imperfezione e la finitudine, svilisce ogni valore oggettivo e la vita stessa.
«Al di là delle numerose esperienze che fanno dubitare delle frettolose e interessate negazioni, la vita ha solide ragioni che ne attestano sempre e comunque la dignità e il valore».
D’altra parte l’uomo, che sa leggere in profondità, sia il mondo che la sua interiorità, può riconoscere anche la propria vocazione trascendente, cioè il bisogno insopprimibile di andare oltre l’orizzonte terreno e temporale, perché la vita trovi il proprio senso e compimento.
Nessun guadagno materiale potrà bastare a dare gusto e senso alla vita. Bisogna ammettere che senza Dio, tutto risulta inconsistente, effimero e irrisorio.
Al contempo, non dobbiamo dimenticare che, nella visione cristiana, la vita eterna non si contrappone a quella terrena come fossero realtà estranee; piuttosto per guadagnare quella, bisogna custodire e curare questa.
Lasciamoci ancora sorprendere dalla vita, così che nulla ci nasconda la sua essenza e bellezza; niente ci impedisca di goderne ogni genuino aspetto e ogni attimo; nessuno spenga in noi il desiderio e la ricerca della sua trascendente, piena realizzazione.
Stefano Mele – Docente Bioetica Facoltà teologica
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