Voce di uno che grida nel deserto
III Domenica di Avvento (Anno B)
Dal Vangelo secondo Giovanni
«Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: “Tu, chi sei?”.
Egli confessò e non negò.
Confessò: “Io non sono il Cristo”.
Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. “No”, rispose.
Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”.
Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa”.
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei.
Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”.
Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”.
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando»
Commento a cura di Marco Placentino IdR e degli studenti dell’I.I.S.S. L. Einaudi G. Bruno di Muravera
Tra gli infiniti aspetti che mi sorprendono del Vangelo è il fatto che quando si pensa di averlo capito, subito ti sfugge, non perché non voglia essere «afferrato» ma perché lo si sta cercando di «trattenere» nel modo sbagliato, aggiungendo troppe riflessioni e poco cuore, e così, puntualmente, la Parola ci riporta alla semplicità, per accoglierla nell’anima riconoscendoci figli desiderosi di ascoltare, in tutto e per tutto, la Voce del Padre, lasciandoci meravigliare di volta in volta.
Ecco allora perché il Battista, colui che è «voce di uno che grida nel deserto» che non è degno «di slegare il laccio del sandalo», viene innalzato da Gesù come «il più grande tra i nati di donna» (cfr. Mt 11,11); eppure, subito dopo, il Signore aggiunge che «tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Anche la pagina evangelica di questa domenica invita a spostare l’attenzione da noi stessi, per rendere testimonianza alla vera Luce, a un guardarsi dentro e capire chi siamo davvero e come la stiamo annunciando, attraverso i«nostri» talenti.
Senza fraintendimenti.
Sì, perché è umano e appagante sentirsi felici quando notiamo che le nostre parole raggiungono in profondità le persone alle quali ci rivolgiamo.
Ma se decliniamo questo all’evangelizzazione e/o alla formazione cattolica, e ci dimentichiamo di essere anzitutto annunciatori della Parola e di quanto le nostre parole siano strumento del Signore, e che è Lui, e soltanto Lui, a incendiare i cuori, allora rischiamo paradossalmente di metterci al posto di Dio.
E così, davanti agli scombussolamenti improvvisi della vita (una nuova sede scolastica, un nuovo oratorio, una nuova equipe ecc.) ci sentiamo persi, perché magari avevamo già fatto tanti progetti per il futuro o si era instaurata un’ottima sintonia.
Da Insegnate di Religione l’ho sperimentato varie volte; con 18 classi capita spesso di dover cambiare scuola principale o di completamento cattedra.
Ti dispiace lasciare gli studenti e vedere qualche lacrima sui loro volti – e sul tuo – al momento dei saluti.
La tentazione di battere i piedi come i bambini per restare è sempre tanta.
Eppure ogni volta il Signore porta via per poi ridonare, perché ti fa incontrare nuove anime che hanno bisogno di te; e allora capisci di essere parte di un Tutto più grande, chiamato a ripetere il tuo «Sì» filiale al Padre a collaborare a questo progetto, a «far spazio a qualcun altro» e a «Qualcun altro».
Si dice che «Tutti siamo utili, nessuno è indispensabile»… in realtà, cristianamente parlando, tutti siamo indispensabili se ci facciamo strumenti nell’oggi del nostro prossimo, contribuendo nella sua vita in modo indelebile.
Ognuno con la sua parte: chi è chiamato a preparare il terreno, chi a seminare, chi a far crescere, chi a raccogliere i frutti.
Che questo Avvento ci aiuti a essere testimoni della Luce, col coraggio di «far spazio» a Colui che viene, perché le anime possano incontrarlo, e gioire insieme, di nuovi cuori infiammati dal Suo Amore.
Voce di uno che grida nel deserto.
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