In Sardegna le culle sono sempre più vuote

I dati Istat certificano poche nascite e troppi decessi

Foto Agensir

In Sardegna le culle sono sempre più vuote.

Come ogni anno, nei giorni scorsi, l’Istat ha certificato i principali dati demografici. 

I numeri confermano che il nostro Paese è in costante declino, con poche nascite e molti decessi. 

Anzi la nostra Isola è messa male: nel 2022 sono nati meno di 8000 bambini mentre i decessi sono aumentati del 30 per cento.

Numeri che indicano uno scivolamento verso l’estinzione.

Parola pesante, forse, ma senza una rapida inversione di tendenza il futuro di noi sardi sarà sempre più a tinte fosche.

Le ragioni sono tante, alcune note, altre meno. 

Chi meglio ha interpretato la tendenza in atto è il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo che, in una recente intervista, ha messo in evidenza la necessità di un cambio di paradigma. 

«Dovremmo passare – ha detto – da una logica che dice: “Volete i figli? Sono fatti vostri. Li fate e li mantenete”, ad una logica che dica: “I vostri figli sono anche fatti nostri, sono anche una ricchezza nostra, che magari non li abbiamo…». 

In sostanza Blangiardo ripropone un antico proverbio africano, secondo il quale per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio. 

Il tema della natalità e della crescita demografica non può essere lasciata sulle spalle della sola famiglia ma deve essere una preoccupazione di tutta la società e di ciascuno di noi, perché il nostro futuro dipende da quanto saremo stati capaci di porre nelle migliori condizioni le generazioni future.

I dati mostrano che lo scorso anno nel nostro Paese sono stati 392.598 i piccoli iscritti all’anagrafe, con un calo de l’1,9% (pari a 7.651 figli in meno) rispetto al 2021.

A livello territoriale il tasso di natalità, pari a 6,7 per mille residenti in media in Italia nel 2022, conferma ancora una volta il primato della Provincia autonoma di Bolzano con il 9,2 per mille, mentre la Sardegna presenta il valore più basso, 4,9 per mille. 

Il dato sulla mortalità in Sardegna è quello che più di altri preoccupa, perché supera di gran lunga quello di tutte le altre regioni italiane. 

In Sardegna le culle sono sempre più vuote.

Nel 2012 in Sardegna si sono registrati 15.887 morti, nel 2022, sono stati 20.524.

L’incremento sfiora il 30 per cento. 

Tra le possibili cause alla base di questo incremento della mortalità, la ridotta capacità di accesso alle cure: le carenze del sistema sanitario vengono pagate dai più fragili. 

Questo dato unito a quello sul calo delle nascite sta facendo precipitare il numero dei residenti nell’Isola, sceso sotto quota 1,6 milioni: ad ottobre 2022 eravamo un milione e 577mila.

Numeri che fanno preoccupare i demografi i quali, da tempo, segnalano la necessità di politiche atte ad arginare l’inverno demografico. 

Secondo Luisa Salaris, che insegna all’Università di Cagliari, occorrono serie politiche alla genitorialità, necessarie ad invertire una tendenza capace di arrestare il declino dell’Isola.

In Sardegna si registrano più morti e meno nascite mentre i giovani fuggono in cerca di condizioni di vita migliore, lasciando i piccoli centri, che così vedono ridurre il numero di residenti.

Senza una presa di coscienza collettiva sui danni che la denatalità provoca, il futuro dell’Isola è tutt’altro che roseo: una Sardegna sempre meno popolata, che concentra gli insediamenti lungo le coste e nei grandi centri, mentre le zone interne si spopolano.

Le politiche di sostegno alla famiglia e alla genitorialità sono le uniche capaci di arginare questa deriva.

In Sardegna le culle sono sempre più vuote.

Roberto Comparetti

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