Solidarietà e tutela del creato
Il terremoto che il 24 agosto scorso ha devastato diversi comuni del centro Italia tra le tante riflessioni ne propone almeno due.
La prima è il senso di solidarietà che emerge in questi giorni. Centinaia di persone si sono sentite mobilitate per sostenere chi ha perso tutto: la fantasia del popolo italiano e la capacità di reagire alle difficoltà, che da sempre caratterizza la nostra gente, hanno permesso la realizzazione di numerose iniziative e altre ancora sono state messe in campo. Tra tutte la giornata di solidarietà voluta dai vescovi italiani per domenica 18 settembre: quanto raccolto nelle comunità parrocchiali verrà destinato alle esigenze dei terremotati.
Anche le istituzioni sembrano aver avuto un approccio diverso al dramma degli abitanti di Amatrice e dei comuni limitrofi. Quel «Diteci cosa vi serve» pronunciato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ai funerali di 35 delle quasi 300 vittime, è indicativo di una nuova prospettiva.
Non è mancata subito la vicinanza del Santo Padre che mercoledì 24 ha sospeso l’udienza generale e invitato tutti alla recita del Rosario, con il desiderio espresso domenica scorsa di recarsi quanto prima nelle zone colpite dal sisma. Il Papa resta in continuo contatto con il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili e quello di Ascoli Piceno, Giovanni d’Ercole.
In questo scenario, forse inconsueto per il nostro Paese dove ogni occasione è buona per polemizzare, senza che però i polemisti nei fatti contribuiscano a risolvere il problema, c’è chi non si è risparmiato nello spargere la consueta dose di cianuro su una vicenda così tragica.
Sullo sfondo resta una realtà dolorosa, con migliaia di persone fuori casa e per le quali presto si dovranno trovare alternative valide alle tende, dato che le zone interessate saranno facile preda dei primi freddi. Per loro occorre evitare che si ripeta quanto già accaduto troppe volte nel nostro Paese dopo ogni emergenza.
L’emergenza richiama il secondo tema sul quale riflettere, quello della salvaguardia del creato e dell’uso dei beni. A Norcia, comune a una ventina di chilometri dall’epicentro, la grande scossa che ha cancellato alcuni paesi non ha fatto registrare danni significativi.
In quel centro, dopo il terremoto del 1997, si è ricostruito secondo criteri capaci di attenuare gli effetti disastrosi degli eventi sismici. A conferma che seguire le regole e rispettare le disposizioni alla fine paga, specie quando si vive «in un Paese geologicamente giovane e di frontiera», come recita il comunicato stampa del 24 agosto emesso dal Consiglio nazionale dei geologi. Sono almeno 24 milioni le persone che vivono in zone ad elevato rischio sismico. «La zona dell’Italia centrale colpita – dicono ancora i geologi – è riconosciuta come ad alto rischio sismico, del resto come la quasi totalità della catena appenninica da Nord a Sud».
Il punto cruciale rimane quindi l’approccio verso l’ambiente e la cosa pubblica.
Accanto alle richieste in sede europea sugli investimenti per la prevenzione del rischio, è necessario che si prevenga quanto accaduto in uno degli edifici crollati, una scuola: sarebbe stata di recente oggetto di restauro senza però siano stati seguiti i criteri antisismici.
Per questo, prima ancora delle regole, occorre cambiare le coscienze: non si può vivere in un perenne stato di polizia che sorvegli ogni singola azione nel settore pubblico e in quello privato, ma occorre formare coscienze alla causa del bene comune.
Di questo si è parlato alla Summer school di Solanas così come i ragazzi ne hanno fatto esperienza alla Gmg di Cracovia.
Roberto Comparetti
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