Quando lo videro, si prostrarono Ascensione del signore (Anno A)

ascensioneIn quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

(Mt 28, 16-20)

Commento a cura di Gabriele Semino

Al Signore Gesù morto e risorto è stato dato ogni potere, ci ricorda il Vangelo dell’Ascensione. La forza più dirompente, da una parte. La forza di ribaltare ogni situazione malata e ferita. La possibilità più varia, dall’altra parte. La possibilità di infiniti gesti creativi che facciano germogliare la vita.

Il potere di Gesù, a differenza dei poteri di questo mondo, è un potere di servizio: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli».

«Andate». Come il buon pastore spinge fuori le pecore dal recinto, così Gesù risorto manda i suoi nel mondo, li rende pellegrini con un unico bagaglio: l’esperienza affascinante dell’incontro con lui, da annunciare e testimoniare. Gli amici di Gesù, anche oggi, vanno, ma non tanto contando sulle proprie forze o strategie, quanto sul potere di Colui che li manda. Siamo attraversati da una potenza che non è nostra in origine, ma solo in quanto ci è donata. Una potenza che non verrà mai meno.

«Fate discepoli tutti i popoli». Chi ha potere su questa terra lo ostenta. Il potere che viene da Dio, invece, ha come fine un servizio. Noi credenti non abbiamo bisogno di esibire la nostra muscolatura interiore o esteriore, ma di metterla a servizio del Vangelo. Fare discepoli gli altri significa ricordarsi prima ancora di essere noi stessi discepoli del Signore, per aiutare gli altri a desiderare il nostro stile di vita, che è quello di Gesù stesso. Tutti i popoli, nessuno escluso, possono incontrare il potere di servizio che il Signore fa risplendere, per accoglierlo in dono.

L’Ascensione dovrebbe essere una festa venata di tristezza, a prima vista. Non vedranno mai più Gesù, nessuno lo vedrà più su questa terra. Come si può festeggiare una partenza? Solo in due modi. Il primo è avendo amore. Se amo chi parte, so che la sua partenza è ciò che lui ritiene buono per la sua stessa vita. È bene che Gesù sia salito, per donare lo Spirito a noi che siamo rimasti. Il secondo modo è fidandosi di chi parte, che ci dice di non trattarsi di una fuga. «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Questa cosa o la crediamo, oppure casca tutto.

La grande donna olandese Etty Hillesum, morta ad Auschwitz a 29 anni, nel 1943, scriveva: «Dentro di me c’è una sorgente molto profonda, e in quella sorgente c’è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente essa è coperta da pietre e sabbia: allora Dio è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di nuovo. M’immagino che certe persone preghino con gli occhi rivolti al cielo: esse cercano Dio fuori di sé. Ce ne sono altre che chinano il capo nascondendolo tra le mani, credo che cerchino Dio dentro di sé».

La nostra fede ci chiede di guardare il cielo, di stupirci per la potenza di Dio. Subito dopo, sempre la nostra fede ci chiede di contemplare il nostro intimo, per scoprire che quel cielo si è raccolto, attraverso la vita di Gesù Cristo e il dono dello Spirito Santo, in ognuno di noi. Siamo fatti di cielo.

Mentre la potenza di questo mondo va conquistata, quella divina va accolta, ricevuta, investita per il bene di tutti.

Il compito che Gesù ci lascia è di battezzare tutti «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». Battezzare, cioè immergere (questo è il significato del verbo greco). Aiutare ogni persona a tuffarsi nel mare dell’amore di Dio. Lasciarsi avvolgere e trasformare da quell’immersione interiore. Insegnare ad osservare, con gioia, le esigenze del Vangelo: amare Dio, se stessi, gli altri. Nulla di più.

Chiediamo il dono di un amore tenace e di una fede rocciosa nel Signore Gesù, sceso nel più profondo degli inferi e risalito al cielo, presente in ognuno dei suoi discepoli.

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